Ridurre la glicemia dopo i pasti senza utilizzare farmaci è diventato possibile grazie a una nuova strategia alimentare applicata in una serie di esperimenti clinici. Secondo i ricercatori questa scoperta migliora la gestione della sindrome metabolica, del diabete tipo 2, del diabete mellito in gravidanza e può essere utile anche a tutte le pesone in salute.
La sperimentazione prende il via a partire da come ciascun macronutriente (proteine, grassi e carboidrati) modifica l’attività ormonale che influenza in modo impietoso il comportamento alimentare.
A causa degli ormoni, molte persone con l’intenzione di perdere qualche chilo oppure di gestire al meglio una condizione prediabetica o di diabete mellito conclamato, si ritrovano spesso a lottare tra forza di volontà e sensi di colpa, cercando di applicare i classici consigli: mangia meno, muoviti di più, prendi il farmaco.
Questi stratagemmi, tuttavia, non sono sufficienti per placare la fame, il desiderio di dolci e men che meno riescono a contenere in modo efficace gli effetti della glicemia alta dopo i pasti e nelle ore successive.
Il picco glicemico, tra l’altro, riguarda anche le persone sane, inducendo anch’esse a mangiare di più durante la giornata, come ho documentato in tema di colazione.
Di recente una nuova strategia nutrizionale, semplice e alla portata di tutti, sta ricevendo attenzione da parte di un crescente numero di studi, poiché consente di ridurre la glicemia dopo i pasti senza farmaci nè effetti avversi, diminuendo anche la propensione ad alimentarsi più del necessario.
Questo metodo, come vedremo tra poco, anticipa il senso di sazietà, aiuta a rispettare una dieta con pochi carboidrati, ma soprattutto, invoglia a sperimentare e per farlo è necessario munirsi di glucometro.
I risultati migliori si ottengono con una dieta low carb. Date queste premesse, entriamo nel merito attraverso la ricerca clinica.
Regolazione fisiologica della glicemia
In generale, la glicemia postprandiale si può modulare attraverso la composizione e la dimensione del pasto. Di rado però si riesce a rispettare per lunghi periodi, o per tutta la vita, un regime alimentare che comporti una certa restrizione energetica.
Spesso il farmaco ipoglicemizzante sembra essere l’unica alternativa per molte persone con sindrome metabolica, prediabete, diabete tipo 2 e nel diabete gestazionale.
D’altra parte il pasto è l’occasione per attivare quei processi fisiologici in grado di regolare il livello di glucosio nel sangue, tra cui ad esempio1:
- lo svuotamento gastrico e l’assorbimento intestinale,
- il rilascio di ormoni pancreatici e intestinali,
- la regolazione dell’insulina in circolo tramite il fegato,
- l’assorbimento del glucosio da parte dei tessuti insulino-sensibili,
- la produzione endogena di glucosio.
Come ridurre la glicemia dopo i pasti
Un nuovo modo di gestire l’ordine del pasto, sul quale indagano sempre più studi clinici, è l’ingestione iniziale di un antipasto a base di macronutrienti, che non siano carboidrati.
Sebbene gran parte delle prove disponibili sono perlopiù a breve termine e poco uniformi, emerge comunque un risultato evidente. Un antipasto proteico – definito precarico negli studi – aiuta a ridurre la glicemia dopo i pasti in modo significativo nella maggior parte delle persone234567.
Le dimensioni dell’effetto sulla glicemia postprandiale sembra dipendere in larga misura dalle seguenti variabili:
- la composizione dell’antipasto,
- le dimensioni e i tempi di ingestione,
- lo stimolo del pasto,
- il grado di tolleranza individuale al glucosio.
Alcuni studi hanno anche rilevato che l’entità della riduzione del glucosio è ancora maggiore quando proteine e grassi vengono consumati prima dei carboidrati piuttosto che mescolati ad essi8910.
Rappresentazione schematica dei meccanismi che aiutano a ridurre la glicemia dopo i pasti attraverso i precarichi di nutrienti
Nesti e colleghi14, hanno esaminato le evidenze disponibili sull’effetto acuto e cronico dei precarichi di proteine e grassi sulla glicemia postprandiale nell’intero spettro della tolleranza al glucosio: pazienti diabetici, prediabetici e sani.
Nei soggetti con diabete tipo 2 (DT2) e in quelli a rischio l’inversione dei macronutrienti nel pasto, lasciando i carboidrati per ultimi, ha dimostrato di ridurre la glicemia dopo i pasti.
Ad esempio, l’assunzione di proteine e lipidi nella forma di un uovo sodo e di una piccola porzione di parmigiano (23 g proteine e 19 g grassi, per un totale di circa 250 kcal) 30 minuti prima di un test OGTT è in grado di ridurre significativamente l’assorbimento del glucosio orale in soggetti con diversa tolleranza glucidica (-16% in soggetti normali e -42% in soggetti con diabete tipo 2)15.
Sono stati espolarti diversi meccanismi fisiologici alla base della riduzione glicemica, tra cui16:
- la funzione delle cellule pancreatiche
- clearance dell’insulina e insulino sensibilità
- ormoni incretinici
- sistema nervoso centrale,
- glucagone.
Esempi per ridurre la glicemia dopo i pasti
Per farsi un’idea di alcuni antipasti sperimentati ecco alcuni esempi:
79 g carne di manzo o 100 g sgombro
60 g carne di maiale + 150 g vegetali + 5 ml olio d’oliva
150 g carne di pollo
+ 170 g vegetali
22 g parmigiano
+ 30 g carne di tacchino
La tabella che segue mostra la composizione dell’antipasto e, nell’ultima colonna a destra, l’entità dell’effetto sulla tolleranza al glucosio in termini di emoglobina glicata (HbA1c), area sotto la curva (AUC), coefficiente di variazione (CV), AUC incrementale (iAUC)17.
Perché il picco glicemico si riduce
Si presume che uno dei principali meccanismi d’azione sia dato dal fatto che l’antipasto di proteine e grassi riesce ad incrementare la secrezione di 18, un ormone che stimola la secrezione di insulina, ritarda lo svuotamento gastrico e sopprime l’appetito19.
Anche le fibre aiutano a ritardare lo svuotamento gastrico, si presume aumentando la viscosità della massa alimentare gastrointestinale2021.
La fibra può anche migliorare i livelli di glucosio postprandiale in modo acuto, riducendo l’assorbimento intestinale di carboidrati e grassi, mentre può facilitare i benefici a lungo termine alterando la composizione del microbiota intestinale22.
Per concludere
In sintesi, è stato dimostrato che un intervento nutrizionale basato sull’assunzione di carboidrati alla fine del pasto migliora la risposta glicemica postprandiale in partecipanti con o senza un controllo glicemico compromesso.
Sfruttare le risposte fisiologiche all’ingestione di nutrienti potrebbe rivelare, almeno nelle prime fasi della malattia diabetica, un potente strumento per ridurre la glicemia dopo i pasti nella vita quotidiana.
Tuttavia, sono ancora scarsi gli studi controllati randomizzati protratti nel tempo in grado di provare che questa strategia migliori le misure del controllo glicemico a lungo termine.