Xenobiotici è un termine che comprende una vasta quantità di sostanze, cos’è definite perché estranee alla vita biologica delle nostre cellule.
Il nostro organismo viene in contatto con queste sostanze chimiche in molti modi e cerca di liberarsene attraverso i processi di detossificazione, da cui possono derivare tuttavia numerosi metaboliti potenzialmente tossici, talvolta fatali.
Xenobiotici cosa sono?
Il termine xenobiotici deriva dal greco xenos (estraneo) e bios (vita) e significa cose estranee alla vita. Fanno parte di questa categoria ad esempio: i farmaci, i cosmetici, i detersivi, gli inquinanti ambientali, le nano particelle, le sostanze tossiche prodotte dalle piante, molti conservanti alimentari, le sostanze prodotte dagli alimenti mal conservati o durante la cottura.
La presenza di xenobiotici nelle acque dolci può essere attribuita, in gran parte, ai sistemi di acque reflue e al deflusso dell’acqua piovana.
Gli xenobiotici di origine sintetica, oltre a costituire dei farmaci, vengono utilizzati per scopi domestici, agricoli e industriali; nell’ambiente sono presenti in concentrazioni microinquinanti ed elevate, misurabili in ng/L e µg/L.
Xenobiotici effetti e classificazione
Questi composti possono bloccare l’azione di enzimi e recettori indispensabili al metabolismo cellulare e al funzionamento degli ormoni, possono creare disbiosi intestinale e influenzare l’efficacia e/o la biodisponibilità di un farmaco. Pertanto, è essenziale determinare tutti gli effetti metabolici che queste sostanze chimiche hanno sull’organismo.
Questi composti possono essere classificati in base a diversi criteri, tra cui la natura, gli usi, lo stato fisico e gli effetti patofisiologici. Il loro impatto sull’uomo e sull’ambiente non è affatto trascurabile. L’esposizione prolungata a concentrazioni anche basse di xenobiotici (vedi tabella che segue) può avere effetti tossici, mutageni o teratogeni.
Caratteristiche | Classificazione | Esempi |
---|---|---|
Natura | Naturali | Batteriotossine, zootossine, fitotossine, serotonina |
Sintetiche | Sostanze di origine antropica, pesticidi | |
Usi | Attivi | Pesticidi, coloranti, vernici |
Passivi | Additivi, molecole di supporto | |
Stato fisico | Polveri | Polvere di amianto |
Liquidi | Sostanze chimiche disciolte in acqua | |
Effetti fisiopatologici | Tessuti/organi | Reni, fegato |
Passive | Tossine che producono *metaemoglobina |
Quali sono le fonti di xenobiotici?
Fonti dirette:
industrie farmaceutiche (fenoli), effluenti petroliferi (idrocarburi), plastica, vernici, coloranti, pesticidi, insetticidi, effluenti di carta e cellulosa.
Cause intenzionali e accidentali:
sostanze chimiche utilizzate nelle industrie della carta e della cellulosa o rilasciate nell’ambiente a causa di incidenti.
Fonti indirette:
scarichi ospedalieri, residui di pesticidi o erbicidi.
Prodotti e processi:
prodotto di reazione di qualsiasi processo su scala domestica o industriale.
In movimento e stazionari:
automobili e industrie
Regolamentati e non regolamentati:
grandi industrie e automobili
attività domestiche
Perché i livelli di xenobiotici nell’ambiente sono fuori controllo
Gli impianti di trattamento delle acque reflue, che non sono in grado di minimizzare il rilascio di composti xenobiotici, sono una delle principali fonti di xenobiotici nell’ambiente.
Ciò rappresenta un chiaro esempio di come i composti xenobiotici raggiungono l’ambiente, colpendo sia l’uomo che gli animali.
Per ridurre al minimo gli impatti negativi, nell’UE e in tutto il mondo sono state adottate varie leggi e normative, con l’obiettivo di eliminare gli xenobiotici dall’ambiente attraverso modalità accettabili dal punto di vista economico, ambientale e sociale, evitando di accumularli o di creare composti più dannosi.
I metodi di rilevamento consentono di individuare anche piccole concentrazioni di xenobiotici nei campioni, ma il problema è che nell’ambiente si riscontrano molteplici sostanze diverse, che formano anche miscele di composti di cui non si conoscono gli effetti.
Xenobiotici tossici negli alimenti
La trasformazione degli alimenti, la cottura e la lavorazione formano diversi xenobiotici, quali:
- Ammine eterocicliche (HCA) – Si formano durante la cottura della carne ad alta temperatura.
- Idrocarburi policiclici aromatici (IPA) – Prodotti dalla combustione incompleta di materiali organici.
- Nitrosammine – I nitriti e i nitrati presenti nelle carni lavorate.
Oltre ai vari contaminanti ambientali negli alimenti processati e confezionati troviamo gli additivi alimentari, come i coloranti e i conservanti artificiali, che insieme alla confezione di plastica contribuiscono in modo notevole a sovraccaricare l’attività di smaltimento degli xenobiotici da parte del fegato e dell’intestino, dove anche il microbiota li elabora.
Effetti sulla salute degli xenobiotici
Gli xenobiotici possono accumularsi nell’organismo ed essere disattivati e/o secreti primariamente dal fegato attraverso i processi di detossificazione.
L’esposizione cumulativa agli xenobiotici alimentari è stata collegata per lo più a tre grandi categorie di problemi di salute:
- Rischio di cancro – Gli studi indicano una relazione tra l’assunzione di alcuni xenobiotici e un aumento del rischio di cancro del colon-retto. L’interazione tra dieta e microbiota intestinale può modificare la genotossicità associata a questi composti.
- Disturbi metabolici – L’esposizione cronica a sostanze tossiche alimentari è stata implicata in condizioni come l’obesità e la sindrome metabolica attraverso meccanismi che conducono a disbiosi del microbiota1.
- Disturbi autoimmuni
Gli xenobiotici possono indurre una risposta immunitaria:
- attraverso l’attivazione non specifica dei linfociti, come osservato in un modello sperimentale murino di danno epatico immuno-mediato da Concanavalin A (ConA) 2;
- esercitando un effetto tossico sul fegato, che porta alla formazione di auto-antigeni;
- modificando le proteine epatiche e rendendole immunogene3.
Colangite biliare da xenobiotici
Nella colangite biliare primitiva (PBC) – un disturbo autoimmune che provoca la distruzione dei dotti biliari – ci sono chiare indicazioni di un raggruppamento di casi in prossimità di siti di rifiuti tossici e/o altri inquinanti ambientali.45
Inoltre, è stato dimostrato che i sieropositivi agli anticorpi anti-mitocondriali (AMA) dei pazienti affetti da colangite biliare primitiva, ma non quelli dei controlli, reagiscono a una serie di strutture della componente E2 della piruvato deidrogenasi (PDC-E2) modificate da xenobiotici, il principale autoantigene bersaglio della PBC.6
Ad oggi, non esistono dati simili per l’epatite autoimmune.
Poiché l’esposizione agli xenobiotici non è solo difficile da riconoscere, ma nella maggior parte dei casi è implicato più di un agente, l’evidenza di epatite autoimmune indotta da tossine si basa fondamentalmente sui risultati degli studi sugli animali.
Ad esempio, il tetracloruro di carbonio (CCl4), un composto organico un tempo utilizzato come liquido di pulizia, è noto per generare epatite tossica e fibrosi negli animali.
Anche il tricloroetilene (TCE), un solvente organico, è stato collegato a una serie di malattie autoimmuni, tra cui l’epatite autoimmune, un fatto confermato anche in modelli animali.
In entrambi i casi sono implicati un aumento di interferone gamma e lo sviluppo di un’epatite autoimmune cronica mediata da cellule T.7