Alimenti ultra processati: cosa sono? In breve, sono cibi creati da industrie alimentari, a partire da materie prime a basso costo, con il solo obiettivo di conquistare il palato dei consumatori per poi indurli a riacquistare in modo sistematico attraverso la pubblicità.
In questo articolo: la classificazione più recente e le sue criticità, come si riconoscono gli alimenti ultra processati, un elenco e infine alcuni studi che descrivono il rischio di sviluppare disturbi di tipo neuroendocrino, cardiometabolico, oncologico e neurologico.
Classificazione del cibo ultra lavorato
Il processo produttivo di questi alimenti prevede sofisticate lavorazioni con l’aggiunta di esaltatori di sapidità, molecole artificiali che conferiscono profumo e sapore, oli e grassi vegetali da semi, emulsionanti, zuccheri di diverso tipo, potenziali allergeni, coloranti e conservanti.
Dal 2010 il cosiddetto “junk food”, ovvero cibo spazzatura, è stato denominato UPF (Ultra Processed Food, cibo ultra processato), in un documento di classificazione realizzato da Monteiro, uno scienziato brasiliano1.
La stampa internazionale ha ripreso questo termine sottolineando, ad esempio, che alcuni UPF possono essere considerati “predigeriti”2, ha avvertito CNN.com, e altri “ ingannano il nostro cervello ”3, ha riferito The Globe and Mail.
Nel 2014, il Brasile è diventato il primo, e al momento l’unico, paese al mondo a sconsigliare il cibo ultra processato in modo ufficiale ai propri cittadini.
Qesta mossa è stata annunciata dai nutrizionisti per sensibilizzare il mondo accademico e le autorità pubbliche sui cibi reali che la gente assume piuttosto che sui singoli nutrienti – grassi, proteine e carboidrati – da sempre al centro di ricerche e linee guida dietetiche.
Sono stati scritti centinaia di articoli accademici sull’UPF e l’intero sistema di classificazione alimentare progettato nel 2010 da Monteiro, denominato “Nova” (disponibile qui ), è stato adottato dall’Organizzazione per l’alimentazione e l’agricoltura (FAO) delle Nazioni Unite nel 2019.
Nova ha quattro categorie:
1. alimenti non trasformati e minimamente trasformati,
2. ingredienti culinari trasformati,
3. alimenti trasformati (che conservano parte della loro identità originale) e
4. alimenti ultra-processati o UPF.
Nonostante il tentativo di classificare e chiarire le varie categorie, il documento solleva una serie di dubbi. Ad esempio, guardando la categoria n. 2, “ingredienti culinari trasformati”, troviamo ingredienti consumati da millenni come burro e sale, insieme agli oli vegetali industriali che fanno la loro comparsa solo negli ultimi 80 anni!
È evidente che questo tipo di alimenti sfidano qualsiasi definizione, un’ambiguità fondamentale che rende la categoria UPF un gioco aperto a interpretazioni soggettive, ovvero un invito per i lobbisti aziendali a influenzare potenzialmente qualsiasi regolamentazione governativa.
Ancora più preoccupante è il fatto che l’UPF, accusando la lavorazione degli alimenti come causa principale di malattie, distoglie l’attenzione da altri aspetti del cibo che possono essere causa di obesità, diabete e altre malattie croniche.
Per fare un esempio, secondo Nova il biscotto fatto in casa (semplicemente “lavorato”) va bene, mentre quello acquistato in negozio è ultra processato.
Tuttavia, un ampio corpus scientifico ora ci dice che un biscotto, a causa dello zucchero e della farina, è dannoso, indipendentemente da dove viene cotto, rivelando che le malattie croniche possono essere efficacemente invertite.
A ben vedere infatti, un elevato contenuto di carboidrati e zuccheri, è stato definitivamente associato a iperglicemia4, malattie cardiovascolari5, disturbi neurocognitivi6 e a una cattiva salute metabolica che affligge tutti i Paesi occidentali7.
Forse, è più semplice descrivere cosa non sono alimenti ultra processati. Potremmo definirli alimenti semplici, provenienti direttamente dal contadino, o che al massimo subiscono uno o due “passaggi” (ad esempio il burro di malga) prima di arrivare in cucina. Infine, è necessario consumarli entro brevissimo tempo.
Alimenti ultra processati elenco
Non è così immediato riconoscere i cibi ultra processati. Per distinguerli potremmo tener conto di alcune caratteristiche: sono in confezioni attraenti, sigillate, talvolta in atmosfera condizionata, riportano una data di scadenza, alcuni sono precotti, altri sono pronti da bere o da mangiare oppure è sufficiente riscaldarli.
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Questi alimenti in genere sono molto saporiti e l’aggiunta di zuccheri e oli vegetali è praticamente ubiquitaria e abbondante.
Ecco ad esempio, un elenco di alimenti ultra processati:
Alimenti dei fast food,
barrette energetiche o granola,
bevande colorate e alcoliche,
caramelle, dolciumi di stagione,
insaccati tipo salsicce, hamburger, hot dog e affettati;
merendine, snack, dolci, salati, freddi;
noodles istantanei,
prodotti confezionati per la colazione,
prodotti pronti surgelati,
paste arrotolate per dolci o salati,
farine rinforzate e preparati pronti per torte e pizze,
oli vegetali da semi.
Imballaggi e confezioni
Un problema altrettanto grave degli alimenti ultra processati sono le plastiche e gli imballaggi utilizzati per contenerli, compresa l’acqua e le bevande vendute nella plastica.
La plastica contiene ftalati, una classe di sostanze chimiche che possono penetrare negli alimenti attraverso l’involucro, l’imballaggio e provenire persino dai guanti di plastica indossati da chi si occupa di alimenti.
I ricercatori hanno osservato che questi elementi chimici possono causare stress ossidativo e cascate infiammatorie all’interno del feto. Numerosi studi segnalano che l’esposizione agli ftalati in gravidanza può aumentare il rischio di parto pretermine, di bimbi sottopeso o affetti da autismo e deficit di attenzione e iperattività (ADHD: dall’inglese Attention deficit hyperactivity disorder).
Gli ftalati sono una serie di sostanze chimiche ampiamente utilizzate che si sono dimostrate essere distruttori endocrini e dannose per la salute umana. Gli ftalati possono essere presenti nella maggior parte dei prodotti che entrano in contatto con la plastica durante la produzione, l’imballaggio o la distribuzione.
Nonostante la loro breve emivita nei tessuti, l’esposizione cronica agli ftalati influenzerà negativamente il sistema endocrino e il funzionamento di molti organi, con impatti negativi a lungo termine sul buon esito delle gravidanze, sulla crescita e lo sviluppo dei bambini e sui sistemi riproduttivi sia nei bambini che negli adolescenti.
Annamaria Colacci Arpae e Università degli studi di Bologna
Ma in che modo il nostro organismo ci presenta il conto?
Scopriamolo attraverso una serie di studi che hanno indagato nella popolazione le possibili conseguenze degli alimenti ultra processati.
Cibi ultra trasformati e rischio patologie
Consumo di cibi ultra-lavorati e fast food, esposizione agli ftalati durante la gravidanza ...› Environ Int. 2024
Il consumo di alimenti ultra-lavorati può aumentare l’esposizione agli ftalati, un gruppo di interferenti endocrini prevalenti nei materiali a contatto con gli alimenti.
Obiettivi
Indagare le associazioni tra l’assunzione di alimenti ultra-lavorati e gli ftalati urinari durante la gravidanza e valutare se le disparità socioeconomiche, influenzando gli acquisti verso questa categoria di alimenti, aumenti l’esposizione agli ftalati.
Metodi
In un campione socioeconomico eterogeneo di 1031 donne in gravidanza dello studio CANDLE (Conditions Affecting Neurocognitive Development and Learning in Early Childhood) nel Sud urbano, è stato effettuato un questionario (Block Food Frequency Questionnaire) e sono stati misurati i metaboliti urinari degli ftalati nel secondo trimestre.
Sono state analizzate le associazioni tra gli ftalati e il consumo complessivo di alimenti ultraprocessati, i singoli alimenti ultraprocessati e i modelli dietetici. Inoltre, è stata studiata l’influenza delle disparità socio economiche sull’esposizione agli ftalati.
Risultati
Gli alimenti ultra-lavorati costituivano in media il 38,6% della dieta dei partecipanti.
Una proporzione di alimenti ultra lavorati superiroe al 10% è stata associata a concentrazioni più elevate della somma molare di metaboliti di (2-etilesile) ftalato più elevate del 13,1%.
I consumi più elevati di hamburger/cheeseburger, patatine fritte, bibite gassate e dolci sono stati associati rispettivamente a un 10,5% (4,2%-17,1%), 9,2% (2,6%-16,2%), 7,4% (1,4%-13,6%) e 6,0% (0,0%-12,4%) di ftalati. L’analisi fattoriale esplorativa ha confermato l’associazione positiva tra alimenti trasformati e ftalati.
È stato evidenziato un modello alimentare sano associato a una minore quantità di ftalati, mono(2-etil-5-idrossiesile) (MEHHP), mono(2-etil-5-carbossipentile) (MECPP), mono(2-carbossimetilesile) (MCMHP) e mono-isononile (MINP).
Effetti indiretti significativi hanno indicato che i livelli di reddito e di istruzione più bassi erano associati a un aumento dell’1,9% (0,2%-4,2%) e dell’1,4% (0,1%-3,3%) di ftalati, mediato da un maggiore consumo di alimenti ultra-lavorati.
Conclusioni
Il consumo di alimenti ultra-lavorati può aumentare l’esposizione agli ftalati. Sono necessarie politiche per ridurre l’esposizione agli ftalati nella dieta a causa del confezionamento e della lavorazione degli alimenti, poiché le barriere socioeconomiche possono precludere le raccomandazioni dietetiche come unico mezzo per ridurre l’esposizione agli ftalati.
Consumo di alimenti ultraprocessati e rischio di multimorbidità di cancro e malattie cardiometaboliche: uno studio di coorte multinazionale. › Lancet Reg Health Eur. 2023
Questa indagine ha coinvolto 266.600 persone di 7 paesi europei, di cui 60% donne, 40% uomini con una età media di 52 anni, che hanno sviluppato tumori e malattie cardiometaboliche durante un periodo di circa 11 anni.
Obiettivo: stabilire se il consumo di alimenti ultra trasformati (UPF) si associ al rischio di multimorbilità, definita come insorgenza di cancro e malattie cardiometaboliche, ovvero, malattie cardiovascolari o diabete di tipo 2.
Modalità
Per un periodo di follow-up durato circa 11 anni, sono state valutate le assunzioni alimentari di base negli ultimi 12 mesi utilizzando un questionario di frequenza alimentare specifico per ogni Paese.
Da questi dati è stato determinato il consumo di alimenti ultra processati da parte dei partecipanti (ad esempio, bevande analcoliche, snack confezionati dolci o salati, carni lavorate, piatti pronti surgelati o conservabili) utilizzando il sistema di classificazione dei processi alimentari NOVA8.
Sono state condotte analisi di sottogruppi per determinare se i risultati differissero in base al tipo di UPF, di cui esistevano 9 sottogruppi: pane e cereali, salse/condimenti, dolci e dessert, snack salati, alternative a base vegetale, prodotti a base animale (carne e formaggio lavorati), piatti misti pronti per il consumo, bevande zuccherate e artificiali e altri alimenti ultraprocessati (cioè dolcificanti artificiali, versioni prive di alcol di bevande alcoliche e polveri e bevande multivitaminiche.
I risultati sono stati aggiustati per vari fattori confondenti, tra cui l’assunzione di energia totale, l’assunzione di alcol, lo stato di fumatore, l’attività fisica e lo stato socio-economico.
Risltati
Il consumo medio al giorno di UPF è stato di 413 grammi (34% dell’apporto energetico totale) negli uomini e di 326 grammi (32% dell’apporto energetico totale) nelle donne.
Ogni aumento di 260 grammi al giorno nel consumo di UPF è stato associato a un aumento del 9% del rischio di multimorbilità. Dopo l’aggiustamento per l’indice di massa corporea, l’aumento del rischio è sceso al 6%, ma è rimasto statisticamente significativo.
Secondo le analisi dei sottogruppi, i prodotti a base animale, le bevande zuccherate e artificiali erano associati a un aumento del rischio di multimorbilità.
Informazioni escluse
Non sono stati considerati possibili cambiamenti di comportamento nel tempo relativi alla dieta e allo stile di vita ed è stato escluso il consumo di alcol.
Malattie infiammatorie intestinali
È stata riscontrata un’associazione tra l’assunzione di alimenti ultraprocessati (UPF) e il rischio di malattie croniche infiammatorie intestinali (MICI), dette anche IBD dall’inglese Inflammatory Bowel Diseases.
The association of ultra-processed food consumption with adult inflammatory bowel disease risk: a systematic review and dose-response meta-analysis of 4 035 694 participants. › Nutrition Reviews 2023
Meta-analisi di 24 studi osservazionali provenienti da Paesi asiatici, europei, mediorientali e nordamericani, tra cui 13 studi caso-controllo e 11 studi di coorte, per un totale di 4.035.694 uomini e donne (dai 18 anni in su).
L’assunzione di UPF nella dieta è stata valutata mediante questionari di frequenza alimentare, richiami della dieta delle 24 ore o questionari sull’anamnesi alimentare.
Le IBD sono state autodichiarate o determinate tramite cartelle cliniche.
Risultati
Una maggiore assunzione di UPF è stata associata a un aumento del rischio del 13% di IBD e a un rischio maggiore del 19% di malattia di Crohn.
Ad ogni aumento del 10% dell’assunzione di UPF è stato associato a un aumento del 19% del rischio di malattia di Crohn, senza aumentare quello per IBD o colite ulcerosa.
Altre informazioni
Nei sottogruppi c’erano diverse fonti di eterogeneità, tra cui gli aggiustamenti per le caratteristiche dei partecipanti, il metodo di classificazione degli UPF, la valutazione della dieta e la diagnosi di IBD, il numero di partecipanti, il luogo e il tipo di studio.
Rischio demenza
Questa meta-analisi ha evidenziato che un elevato consumo di alimenti ultraprocessati si associa a un importante rischio di demenza.
L'elevata assunzione di alimenti ultra-processati è associata alla demenza negli adulti: una revisione sistematica e una meta-analisi di studi osservazionali. › J Neurol. 2024
Si tratta di una meta-analisi di 10 studi osservazionali (8 studi di coorte, 1 studio caso-controllo e 1 studio trasversale). Gli studi sono stati condotti in Europa (5 studi), Stati Uniti (3 studi) e Asia (2 studi) e hanno coinvolto in totale 867.316 uomini e donne in media tra i 55 e i 68 anni.
La valutazione dell’assunzione di UPF variava leggermente tra gli studi. Alcuni hanno valutato l’assunzione di più UPF, altri hanno utilizzato modelli alimentari e altri ancora hanno esaminato solo un singolo alimento (ad esempio, la carne lavorata).
In tutti gli studi sono stati effettuati aggiustamenti statistici per tenere conto dell’effetto di potenziali fattori confondenti, come età, sesso, stato socioeconomico, indice di massa corporea, apporto calorico e condizioni di salute.
I questionari di frequenza alimentare per la raccolta delle informazioni sulla dieta sono stati utilizzati in ogni studio.
Risultati
Rispetto a un basso apporto di alimenti ultraprocessati, un apporto elevato è stato associato a un rischio di demenza superiore del 44%. Per l’apporto moderato non è stato possibile chiarire il rischio di demenza.
Su dieci studi 9 erano di alta qualità metodologica.
Steatosi epatica e cibi ultra processati
Uno studio prospettico di coorte ha esaminato l’associazione tra il consumo di alimenti ultra-lavorati e la salute del fegato in una corte del trial clinico PREDIMED-Plus9.
Il consumo di alimenti ultra trasformati è importante per la salute del fegato? Analisi prospettica tra adulti anziani con sindrome metabolica. › Nutrients. 2022
I soggetti presi in esame erano 5.867 adulti tra i 55 e i 75 anni, in sovrappeso o obesi e con sindrome metabolica.
I partecipanti sono stati seguiti per un anno e per valutare il consumo di alimenti ultra processati al basale e poi a 6 e 12 mesi è stato utilizzato un questionario di frequenza alimentare. Gli alimenti ultra processati sono stati classificati nei seguenti sottogruppi: dolci (ad esempio, pasticcini, cereali per la colazione), bevande non alcoliche (ad esempio, bibite e succhi di frutta), carni lavorate (ad esempio, salsicce, hamburger), pasti pronti e snack (ad esempio, pizza, patatine), prodotti lattiero-caseari (ad esempio, gelati) e bevande alcoliche.
I risultati principali erano l’indice di fegato grasso e l’indice di steatosi epatica, equazioni che valutano indirettamente la salute del fegato utilizzando fattori di rischio come i livelli di enzimi epatici, l’IMC (indice di massa corporea), la circonferenza vita, diabete di tipo 2, i trigliceridi e il sesso.
Un valore ≥ 60 per l’indice di fegato grasso o un valore ≥ 36 per l’indice di steatosi epatica conferma la presenza di una malattia del fegato grasso non alcolica.
Cosa si è scoperto
Ogni incremento quotidiano del 10% di alimenti ultra processati è stato associato a peggioramento della steatosi epatica e accumulo di grasso.
L’analisi di mediazione (una valutazione della misura in cui una variabile influenza le altre) ha suggerito che la maggior parte della variazione dei punteggi epatici era collegata con le variazioni dell’IMC e della circonferenza vita.
Dopo l’aggiustamento per potenziali fattori confondenti (dieta e rischio steatosi epatica non alcolica), l’associazione positiva tra il consumo di alimenti ultra processati e i punteggi di steatosi epatica è rimasta significativa, nonostante una riduzione della forza dell’associazione.
Nota
I risultati non si applicano una popolazione in generale perché i partecipanti erano solo adulti anziani con sindrome metabolica provenienti da una regione mediterranea.
Cancro al seno e alimenti ultra processati
Associazione tra consumo di alimenti ultra-lavorati e rischio di cancro al seno: una revisione sistematica e una meta-analisi dose-risposta di studi osservazionali. › Front. Nutr. 2023 Sec. Nutritional Epidemiology
Oggetto di questa meta-analisi sono stati 6 studi osservazionali (3 studi di coorte prospettici e 3 studi caso-controllo) le cui metodologie sono state giudicate di alta qualità.
La selezione comprendeva: 4 studi condotti in Europa, 1 in America Latina e 1 in Sudafrica. In totale i soggetti adulti coinvolti erano 462.292, con di età compresa tra 18 e 85 anni. I casi di cancro al seno erano 18.673.
La stima del quantitativo di alimenti ultraprocessati nell’alimentazione è stata effettuata tramite questionari di frequenza alimentare in 4 studi e da richiami dietetici di 24 ore in 2 studi. Negli studi di coorte prospettici i follow-up avevano una periodicità variabile tra da gli 8 e i 14 anni circa.
Che cosa è emerso?
I ricercatori hanno evidenziato un lieve aumento (valore p di 0,056) del rischio di cancro quando le quantità di alimenti ultraprocessati erano più elevate. Il dato è stato giudicato statisticamente significativo, benché di norma non sia considerato tale.
Interessante invece il dato emerso nell’analisi dose-risposta. Ogni aumento del 10% del consumo di cibi ultra elaborati è stato associato a un rischio di cancro al seno superiore al 5%.
Nelle analisi dei sottogruppi, l’associazione tra consumo di alimenti ultra processati e rischio di cancro al seno è risultata statisticamente significativa negli studi caso-controllo, ma non negli studi di coorte.
Altre considerazioni
In generale, gli studi di coorte prospettici forniscono prove più affidabili rispetto agli studi caso-controllo. Ciò è vero per diversi motivi.
gli studi di coorte prospettici possono stabilire una relazione temporale tra l’esposizione e lo sviluppo dell’esito, in quanto i dati vengono raccolti prima che si sviluppo l’esito (in questo caso, il tumore al seno);
negli studi caso-controllo il rischio di bias (errori) di selezione e di richiamo è maggiore rispetto agli studi di coorte prospettici, dato che si chiede alle persone di ricordare le esposizioni passate;
gli studi di coorte prospettici in genere coinvolgono ampi gruppi di persone che sono rappresentativi del resto della popolazione, offrendo così una sintesi più verosimile di ciò che potrebbe valere anche per il singolo individuo.
Junk food e disagio psicologico nei giovani
L’assunzione del cosiddetto “cibo spazzatura”, ovvero di alimenti ad alto contenuto di zuccheri, grassi e sale e a basso contenuto di proteine, fibre e micronutrienti, è stata associata a disturbi della salute mentale10.
Sebbene quest’associazione sia stata messa in discussione, un altro studio ha associato l’assunzione di alimenti ultra processati, insieme a uno scarso stato nutrizionale, al disagio psicologico nei bambini e negli adolescenti.
Consumo di cibo spazzatura e disagio psicologico nei bambini e negli adolescenti: una revisione sistematica e una meta-analisi. › Nutr. neurosci. 2023
Questa meta-analisi ha incluso 10 studi (8 trasversali, 1 di coorte, 1 caso-controllo) che hanno valutato la relazione tra il disagio psicologico e l’assunzione di alimenti ultra processati in bambini e adolescenti tra i 4 e i 18 anni.
Gli studi sono stati condotti in varie parti del mondo, soprattutto in Asia, 2 in Iran, 1 in Austria e 1 in Spagna. Le dimensioni dei campioni nei vari studi erano tra i 400 e i 68.043 partecipanti.
La maggior parte degli studi inclusi ha utilizzato di versi tipi di questionari per valutare l’alimentazione e per misurare depressione, ansia, stress, insoddisfazione del sonno e infelicità.
I risultati
Una maggiore assunzione di alimenti ultra lavorati ha aumentato il rischio di depressione (del 62%; 7 studi), ansia (del 24%, 2 studi), stress (del 34%, 5 studi), insoddisfazione del sonno (del 17%, 5 studi) e infelicità (del 17%, 3 studi).
I rischi per gli esiti del disagio psicologico tendevano ad aumentare nelle analisi di sottogruppo delle bevande dolci, ma non degli snack, tranne che per l’ansia (dati insufficienti) e l’insoddisfazione del sonno.
La qualità degli studi variava da scarsa a buona, con una qualità moderata in tutti gli studi inclusi, sebbene l’eterogeneità fosse molto elevata.