Il cancro è la seconda causa di morte nei paesi sviluppati1 e la medicina ufficiale sembra ancora lontana dal comprenderlo e curarlo.
Lo prova il fatto che stiamo assistendo ad un colossale fallimento dei trattamenti tradizionali mentre il cancro resta un nemico ancora incompreso.
La chemioterapia e la radioterapia sono trattamenti intrinsecamente cancerogeni e li giustifica solo il fatto che danneggiano in modo efficace il DNA all’interno delle cellule, di tutte le cellule.
Il trattamento si regge sulla “speranza” che le cellule tumorali muoiano…
La stessa “speranza” che veniva applicata all’elettroshock: diamo una scossa alle cellule del cervello e speriamo che vadano a posto!
La realtà è che il “danno collaterale” del trattamento è inevitabile; non è una questione di “se”, ma di entità del danno, cioè fino a che punto si verificano gli effetti avversi dannosi2.
Possiamo davvero parlare di “livello accettabile di sofferenza” sottoponendoci alle chemioterapie? Cosa ne ricaviamo in cambio? In questo caso la medicina è solo “amara e cattiva” da mandar giù, oppure contribuisce anche alla sopravvivenza?
Il contributo complessivo stimato della chemioterapia alla sopravvivenza a 5 anni negli adulti è del 2,3% in Australia e del 2,1% negli Stati Uniti3.
L’OMS nel 1996 dichiarò cancerogeno il tamoxifene
Gli effetti genotossici (che danneggiano il DNA) della chemioterapia e della radioterapia sono la 1° causa di sviluppo e diffusione del cancro.
Da oltre mezzo secolo si parla della “Teoria della mutazione” nello sviluppo del cancro ed è assolutamente sconcertante che il trattamento standard si basi ancora sull’uso di agenti genotossici. Peraltro, non ci sono terapie efficaci per bloccare le metastasi.
Prendiamo ad esempio un farmaco come il tamoxifene4.
Sebbene due importanti organismi come l’Organizzazione Mondiale della Sanità e l’American Cancer Society l’abbiano classificato come cancerogeno per l’uomo , il tamoxifene è ancora utilizzato come prima linea di trattamento in molti casi e per periodi che vanno dai 5 ai 10 anni per il cancro al seno e alla prostata.
Come mai si è giunti a questo? Semplice, l’eccesso di diagnosi ha sovrastimano i benefici.
Il tamoxifene trova addirittura impiego come prevenzione del cancro al seno, basandosi su evidenze inesistenti e dati presentati in modo ingannevole.
Il tamoxifene, come conseguenza del trattamento, provoca il cancro all’endometrio, al fegato e allo stomaco4. Oltre a una lunga serie di problemi che non solo riducono la qualità di vita5, ma costringono anche ad utilizzare numerosi farmaci per lenire i sintomi.
Se muori a causa di uno di questi effetti collaterali, sei fuori dalle scintillanti statistiche con cui presentano il tamoxifene.
La Radioterapia causa il cancro e lo peggiora
Allo stesso modo, la radioterapia è nota per indurre tumori secondari, oltre ad avere un’ampia gamma di gravi effetti avversi.
Una donna il cui seno è stato “irradiato” ha più probabilità di sviluppare il cancro ai polmoni, per esempio.
Ma nella realtà si possono avere effetti di gran lunga peggiori.
Quando un tumore al seno viene esposto a radiazioni, le cellule all’interno del tumore non sono uniformi, hanno una grande eterogeneità.
Alcune cellule si replicano velocemente, mentre altre lo fanno lentamente o sono benigne; alcune sono più “vecchie”, tecnicamente senescenti, eppure con la loro stessa esistenza mantengono in vita le cellule con maggiore potenziale di malignità all’interno del tumore.
Ci sono poi le cellule staminali tumorali “lente” nel replicarsi e quindi con meno probabilità di essere distrutte dalla chemioterapia o dalla radioterapia, ma responsabili della risemina e della ricrescita del tumore.
Radioterapia: aumenta fino a 30 volte le capacità di auto-rinnovo di alcune cellule del carcinoma mammario!
Quindi, mentre inizialmente il trattamento con radiazioni può far regredire il volume del tumore (massa tumorale), in realtà succede che una sottopopolazione di cellule resistenti alle radiazioni diventa aggressiva e provoca maggiore malignità.
Questa promozione di auto-avvio di cellule tumorali è vera anche per la chemioterapia.
Tra l’altro, sembra che le radiazioni a basso dosaggio, utilizzate per diagnosticare i tumori al seno nelle mammografie a raggi X, è molto probabile siano la causa dello sviluppo di un numero maggiore di tumori di quello che si dice dovrebbero evitare nel corso del tempo.
Può sorprendere come in letteratura medica le radiazioni ionizzanti a bassa intensità abbiano una documentata cancerogenicità 3-4 volte superiore rispetto a quelle ad alta intensità.
In effetti, le radiazioni conferiscono maggiore suscettibilità al cancro ad uno dei più conosciuti geni ad esso associati: BRCA1/BRCA2.
In altre parole, può essere di vitale importanza rimanere lontano dalle radiazioni diagnostiche o terapeutiche.
Perché la chemioterapia non può funzionare
Quando si espone un insieme eterogeneo di cellule tumorali del seno ad un agente altamente tossico queste in teoria dovrebbero morire tutte.
Tuttavia, il cancro non è un processo avvenuto a caso, ma un rigoroso programma di sopravvivenza, ovvero, la cellula tumorale possiede un “kit” di sopravvivenza evolutiva e genetica per resistere nelle condizioni più difficili:
- esposizione ad agenti chimici,
- scarsità di ossigeno,
- maggiore disponibilità di zuccheri,
- pH acido.
La chemioterapia come agente tossico può uccidere la cellula più debole ma crea le condizioni affinché possano prosperare le cellule tumorali maligne quiescenti che si preparano a diventare chemio-resistenti.
Quando attaccata da una sostanza chimica, la cellula tumorale può “regredire” e attivare l’apparecchiatura genetica che le permette di vivere e di respingere l’agente utilizzato per la chemio, mentre le cellule vicine più deboli (tecnicamente più normali e sane) muoiono.
Detto questo, credo che sia abbastanza chiaro che la radio- e la chemio-terapia sono responsabili di tumori altamente aggressivi. Inoltre compromettono le cellule del sistema immunitario e producono danni al midollo osseo.
Terapie che conducono a morte prematura nel cancro al pancreas.
L’obbiettivo delle procedure operative standard è quello di farci credere che la morte dei pazienti sia avvenuta a causa di una forma “eccezionalmente aggressiva” di cancro, piuttosto che ammettere che gli stessi trattamenti possono aver trasformato la crescita relativamente lenta in una proliferazione più rapida e invasiva.
Prova a pensare questo: se a causa di sostanze chimiche e radiazioni i tuoi vicini di casa muoiono come mosche, non ti vorresti spostare?
La cellula non vuole morire, ha un suo “istinto di sopravvivenza” e dunque per sopravvivere si sposta verso un altro tessuto: quello delle ossa ad esempio o di un altro organo.
Il cancro è qualcosa che il nostro corpo produce probabilmente per sopravvivere, non accade a caso.
L’industria farmaceutica del cancro riduce enormemente la qualità della vita, perciò abbiamo il dovere di cercare e di informarci sull’efficacia di quei trattamenti di supporto che attualemente hanno evidenze cliniche di tutto rispetto, tra cui ad esempio la dieta chetogenica, l’ozonoterapia e l’integrazione funzionale con nutraceutici selezionati.