Dieta equilibrata: 7 punti chiave per la salute metabolica

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Dieta è lo stile delle abitudini alimentari in termini di qualità, composizione ed effetti sull’organismo. La salute metabolica è la capacità dell’organismo di gestire efficacemente l’energia, la glicemia e il metabolismo dei grassi, essenziale per prevenire i disturbi cronici.

Esempi di dieta:

Una dieta equilibrata ha un ruolo determinante nel mantenere e migliorare la salute metabolica. Negli ultimi decenni la ricerca clinica ha esaminato vari tipi di dieta, soprattutto a basso tenore di carboidrati, facendo emergere la necessità di nuove linee guida. Questo articolo evidenzia le novità – su grassi saturi, polinsaturi, carne, uova, carboidrati – in tema di raccomandazioni generali per la dieta ed elenca alcuni regimi dietetici.

dieta equilibrata e salute metabolica

Dieta come farla: principali raccomandazioni

Le autorità sanitarie da diversi anni indirizzano la dieta per il grande pubblico, suggerendo ad esempio che i grassi saturi aumenterebbero il rischio cardiovascolare, che i grassi polinsaturi proteggono la salute del cuore, che non si deve saltare i pasti, che i cereali sono la base della nostra alimentazione.

Questi dogmi sono stati messi in discussione da molteplici evidenze cliniche e studi di intervento, a partire da ricerche sul colesterolo e sulla dieta chetogenica.

In questa sede vengono approfonditi 7 punti chiave di una dieta equilibrata e, soprattutto, di uno stile alimentare vantaggioso per la salute metabolica a lungo termine:

1. grassi saturi,
2. oli di semi,
3. carne,
4. uova,

5. calorie,
6. digiuno intermittente su base regolare,
7. carboidrati.

Perché è necessario aggiornare le linee guida sulla dieta?

Per diversi anni gli esperti hanno raccomandato di seguire “una dieta più sana e fare più attività fisica”, di ridurre il consumo di grassi saturi, carne e uova, di utilizzare oli semi, e per chi vuole perdere peso basta introdurre meno calorie. Ma nel frattempo in cui queste raccomandazioni hanno preso piede, lo stato metabolico collettivo è andato in rovina1.

L’infiammazione di basso grado è implicata nello sviluppo della maggior parte dei disturbi cronici di larga diffusione, perciò definiti come disturbi metabolici: ipertensione, steatosi epatica o fegato “grasso”, diabete mellito tipo 2, iperuricemia, cancro, dislipidemia, malattie cardiovascolari, disordini neurologici, disturbi dell’umore2345.

Dieta e infiammazione dieta

Nessun farmaco può risolvere l’infiammazione cronica di basso grado, e diversi ricercatori invitano le istituzioni sanitarie a fare delle modifiche alle linee guida per una dieta equilibrata6 che tengano conto dell’effetto dei carboidrati e degli oli di semi sul metabolismo cellulare e sull’intestino7.

Questa presa di coscienza, per così dire, della ricerca ha preso il via da un aumento esponenziale di sperimentazioni su diete a basso contenuto di carboidrati, progettate per stimolare la produzione di chetoni – di solito meno 100g.

Nel 2001, Richard L. Veech e il suo gruppo di ricerca dell’Università del Maryland, riconobbero la capacità dei chetoni di bypassare l’insulino-resistenza, consentendo alle cellule di ristabilire l’equilibrio bioenergetico8. Il che significava l’aver scoperto come ripristinare la salute metabolica, invertendo l’infiammazione cronica di basso grado!

Ricerca clinica dieta dieta
Nuove pubblicazioni dopo il 2001

Dal 2001, anno di pubblicazione della ricerca di Richard L.Veech, gli articoli scientifici sulla dieta chetogenica, rintracciabili online su PubMed, aumentarono dell’ 860%!

Oggi la dieta chetogenica viene presa in considerazione e studiata come potenziale trattamento per svariate condizioni:
patologie cardiovascolari e neuro-degenerative (Parkinson e Alzheimer), cancro, sindrome metabolica e dell’ovaio policistico (PCOS), sovrappeso, acne, diabete tipo 2910, emicrania11, difetti genetici nell’utilizzo del glucosio, malattie metaboliche rare come la glicogenosi12.

Testo di approfondimento sull’infiammazione cronica.

Entriamo nel dettaglio di ogni argomento.

1. I grassi saturi nella dieta sono pericolosi?

I grassi saturi si trovano nella carne, nel cioccolato, nell’olio di cocco, nel burro, nel latte intero. Dopo anni di dibattito, emerge che limitarli nella dieta non offre alcun vantaggio e può essere persino controproducente.

Sui grassi saturi si è espresso in modo molto chiaro il Journal of the American College of Cardiology13, una tra le più prestigiose riviste scientifiche di cardiologia, che scrive:

… La raccomandazione di limitare l’assunzione di acidi grassi saturi con la dieta è superata da nuove evidenze emerse in numerosi studi clinci. La maggior parte delle recenti meta-analisi di studi randomizzati e di studi osservazionali non ha riscontrato benefici nella riduzione dell’assunzione di acidi grassi saturi sulla mortalità per malattie cardiovascolari (CVD) e sulla mortalità totale, mentre ha riscontrato effetti protettivi nei confronti dell’ictus.

Sebbene i grassi saturi aumentino le lipoproteine a bassa densità (LDL) che trasportano colesterolo, nella maggior parte degli individui ciò non è dovuto all’aumento dei livelli di particelle LDL piccole e dense, bensì di particelle LDL più grandi, che sono molto meno correlate al rischio di eventi cardiovascolari.

È inoltre evidente che gli effetti sulla salute degli alimenti non possono essere previsti dal loro contenuto in qualsiasi gruppo di nutrienti senza considerare la distribuzione complessiva dei macronutrienti.

I latticini integrali (non sgrassati), la carne non lavorata e il cioccolato fondente sono alimenti ricchi di acidi grassi saturi con una matrice complessa e non sono associati a un aumento del rischio cardiovascolare. L’insieme delle prove disponibili non supporta un’ulteriore limitazione dell’assunzione di questi alimenti.

2. Oli di semi nella dieta

Gli oli vegetali da semi apportano grandi quantità di acidi grassi polinsaturi della serie omega-6 dall’effetto proinfiammatorio. I più comuni sono:

  • arachide,
  • colza,
  • girasole,
  • mais,
  • riso,
  • semi di cotone,
  • soia,
  • vinacciolo.

È stato rilevato che un rapporto squilibrato tra omega-6 / omega-3 nella dieta tende a sviluppare disbiosi microbica intestinale, alterando l’equilibrio tra Firmicutes e Bacteroidetes, che alla fine si traduce in sovrappeso e obesità1415.

Di recente, inoltre, si è scoperto che gli oli di semi possono raddoppiare i casi di colite ulcerativa16.

3. Dieta proteica: mangiare la carne tutti i giorni fa male?

Nel 2016 uno studio che ha analizzato i dati sull’alimentazione di 42 Paesi europei, ha segnalato che più proteine e grassi ​​animali si consumano, più basso è il tasso di malattie cardiache17.

I ricercatori nella pubblicazione scrivono: “I nostri risultati non supportano l’associazione tra malattie cardiovascolari e grassi saturi… [invece] il rischio di malattie cardiovascolari si collega all’elevato indice/carico glicemico delle diete a base di carboidrati.”

Nel 2022 è stata pubblicata nell’International Journal of General Medicine18 una ricerca sul consumo di carne di 175 popolazioni contemporanee in relazione all’aspettativa di vita.

Vi hanno collaborato istituti di ricerca e università di diversi paesi, tra i quali: Australia, Svizzera, Italia e Polonia.

Lo studio rileva che il consumo di carne si associa a una maggiore aspettativa di vita. Indipendentemente dall’apporto calorico totale, dal livello economico e dall’obesità, il consumo di carne è correlato positivamente con la longevità. Sono stati esaminati dati provenienti da 175 paesi per concludere che una dieta ricca di carne fornisce una nutrizione ottimale, contribuendo alla salute generale degli individui.

Inoltre, gli autori sottolineano che la carne ha un valore nutrizionale superiore rispetto a molti alimenti a base di cereali e che, storicamente, l’uomo si è evoluto consumando carne, sviluppando adattamenti fisiologici per trarne benefici nutrizionali.

4. Le uova quante volte si possono assumere?

Una revisione di molteplici studi condotti tra il 1966 e gennaio 2020, a cui hanno preso parte 6 grandi centri universitari e ospedalieri statunitensi, ha esplorato l’associazione tra consumo di uova ed eventi cardiovascolari19.

Sono stati estrapolati in modo sistematico da 5 database tutti gli studi osservazionali pubblicati tra il 1966 e l’inizio del 2020, che riportavano l’associazione tra consumo di uova ed eventi di malattie cardiovascolari. Due ricercatori hanno esaminato i dati in modo indipendente.

Sono stati identificati 23 studi prospettici dove le persone sono state monitorate in media per circa 12 anni. Nel complesso gli studi includevano 1.415.839 individui.

I ricercatori hanno scoperto che, rispetto al consumo di nessun uovo o di 1 uovo al giorno, un consumo maggiore (più di 1 uovo al giorno) non è stato associato a un aumento significativo del rischio di eventi cardiovascolari.

Invece, un consumo maggiore di uova (più di 1 uovo al giorno) è stato associato a un rischio significativamente ridotto di malattia coronarica.

5. Calorie: salute metabolica non significa dieta ipocalorica

ll cibo non è solo energia, ogni macronutriente sviluppa un effetto biochimico diverso sull’organismo e anche ogni ceppo di batteri intestinali lo elabora in modo differente.

È stato dimostrato che, anche mantenendo la massa corporea stabile, la riduzione dei carboidrati in favore dei grassi (molto più calorici) ha aumentato l’ossidazione dei grassi ed è stata più efficace nell’invertire i parametri della sindrome metabolica, in particolare abbassando i trigliceridi elevati, incrementando il colesterolo HDL basso e riducendo la sottoclasse delle lipoproteine più piccole del colesterolo LDL.

La restrizione dei carboidrati ha anche migliorato la composizione anomala degli acidi grassi, una caratteristica emergente della sindrome metabolica. Nonostante contenga 2,5 volte più grassi saturi rispetto a una dieta con più carboidrati, la dieta Low-carb ha migliorato il profilo lipidico presente nel plasma20.

6. Digiuno intermittente su base regolare

Il digiuno intermittente – ad esempio saltando la cena – superando le 12 ore di fila di astinenza da cibi solidi e liquidi (ad eccezione dell’acqua), consente l’attivazione coordinata di vie di segnalazione che ottimizzano la funzione fisiologica, migliorano le prestazioni, rallentano l’invecchiamento e i processi patologici21.

Il digiuno intermittente dovrebbe essere praticato da coloro che già seguono una dieta con pochi carboidrati. Per chi soffre di diabete, di disturbi del comportamento o di ansia è necessaria una stretta supervisione medica, per evitare pericolosi saliscendi glicemici che peggiorano la propria condizione.

7. Carboidrati: ridurli in modo equilibrato

È stato dimostrato che una dieta personalizzata con pochi carboidrati apporta miglioramenti significativi alla salute, al di là della perdita di peso. Tra questi, una maggiore salute metabolica e cardiovascolare, un migliore equilibrio del microbiota intestinale, una riduzione dell’infiammazione, un miglioramento della qualità del sonno, del benessere mentale e della qualità di vita22.

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Esistono molti regimi dietetici low-carb oltre alla dieta chetogenica. Tra i più noti, vi sono la dieta chetogenica, la dieta Dukan, la dieta South Beach, dieta Paleo. Infine abbiamo le diete per ridurre i sintomi gastrointestinali che però, essendo molto restrittive, si utilizzano per brevi periodi.

Ogni dieta presenta benefici unici e potenziali svantaggi in base alle risposte soggettive. Tutte le diete sono efficaci per la perdita di peso. Senza dimenticare che l’attività fisica, l’allenamento della forza sono essenziali per la salute muscolo-scheletrica, metabolica, e vanno intesi come parte integrante della nostro modo di alimentarci. Dobbiamo capire ciò che più si adatta alle nostre esigenze e ai nostri obiettivi, affidandoci ad un professionista qualificato. Prima di scegliere una dieta potrebbe essere importante effettuare degli esami ematochimici.

Dieta chetogenica

La dieta chetogenica è caratterizzata da un elevato apporto di grassi e da un bassissimo apporto di carboidrati, che inducono uno stato di chetosi in cui l’organismo utilizza i grassi come fonte primaria di energia.

Non è una dieta progettata in modo specifico per la perdita di peso. Inizialmente, nei primi anni del 1900 serviva per ridurre le crisi epilettiche nei bambini. Successivamente è stata resa più palatabile ed è stata sperimentata con successo per aumentare la sopravvivenza in persone con gravi patologie. Diversi studi indicano miglioramenti significativi dei marcatori metabolici come i livelli di infiammazione, i trigliceridi e la glicemia23.

Questo tipo di dieta non è adatta a tutti. In alcuni casi serve un monitoraggio medico, specialmente se il livello di chetosi è sostenuta e protratta per diversi mesi. Cortisolo, elettroliti, enzimi epatici dovrebbero essere tenuti sotto controllo. Durante la fase di adattamento alla chetosi, se l’idratazione e l’apporto di elettroliti sono insufficienti, possono comparire vertigini, nausea, disturbi gastrointestinali e sintomi simili a un’influenza.

Dieta Dukan

La dieta Dukan è una dieta ad alto contenuto di proteine e a basso contenuto di carboidrati, suddivisa in fasi e finalizzata alla perdita di peso. Nella pratica la sostenibilità a lungo termine di questa dieta è oggetto di dibattito.

Dieta South Beach

La dieta South Beach fa parte delle diete che limitano l’apporto di carboidrati, ma non in modo così drastico come in una dieta chetogenica. Questa dieta è stata pensata per la perdita di peso e tuttavia sembra avere anche potenziali benefici nella riduzione dei fattori di rischio cardiovascolare. Studi completi a lungo termine sono scarsi e presentano molte limitazioni.

Dieta Paleo

La dieta Paleo incoraggia il consumo di alimenti che si presume fossero disponibili per gli esseri umani del Paleolitico, concentrandosi su carni magre, pesce, frutta, verdura, noci e semi.

Le ricerche indicano che la dieta Paleo può migliorare i marcatori della salute metabolica, come la pressione sanguigna e i livelli di colesterolo. Tuttavia, nel lungo termine può risultare abbastanza impegnativa a livello pratico, soprattutto nelle occasioni conviviali.

Diete per i disturbi gastrointestinali

Le diete personalizzate per i disturbi gastrointestinali si concentrano sulla riduzione dell’infiammazione e sul miglioramento della salute dell’intestino. Questi tipi di dieta vengono consigliate per limitati periodi di tempo, ad eccezione della dieta senza glutine per i soggetti celiaci, e in genere fino al ristabilirsi dell’eubiosi intestinale. Gli approcci più comuni includono:

  • Dieta a basso contenuto di FODMAP: riduce i carboidrati fermentabili che possono scatenare i sintomi nei soggetti affetti da sindrome dell’intestino irritabile (IBS) oppure anche da reflusso gastroesofageo.
  • Dieta senza glutine: essenziale per i soggetti affetti da celiachia, consigliata anche in caso di sensibilità al glutine.
  • Dieta dei carboidrati specifici (SCD): mira a ridurre i sintomi delle malattie infiammatorie intestinali (IBD) eliminando alcuni carboidrati.
  • Dieta povera di nichel: per soggetti sensibili al nichel.

Per concludere

In breve, per salvaguardare la salute metabolica e quindi prevenire i disturbi cronici, è necessario:

  • aumentare il consumo di proteine e grassi di qualità;
  • eliminare il più possibile gli oli vegetali da semi, evitando tutti gli alimenti confezionati che li contengono e che sono molti se leggiamo le etichette (per il fritto utilizzare grassi monoinsaturi, ovvero olio di oliva);
  • ridurre il consumo di carboidrati, come cereali, farine e derivati;
  • praticare con regolarità dei giorni di digiuno intermittente, anche solo di 15-18 ore;
  • fare regolarmente attività fisica.
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Naturopata Educatrice in Nutrizione Funzionale®, Saggista, Ricercatrice autonoma e Blogger dal 2007.
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